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21-11-2024
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Il territorio e le origini

Tratto dal libro di Mons. Orlando Antonini, Villa Sant'Angelo e dintorni. Il territorio comunale di Villa S.Angelo si situa sulle due rive del fiume Aterno poco prima che, ad oriente, la lunga vallata aquilana venga chiusa a cuneo dal convergere delle catene montuose del Sirente e del Gran Sasso. Pianeggiante in gran parte, sulla riva destra detto territorio s'innalza repentino nel versante montano che risale fino all'altopiano delle Rocche. Il contrasto fra la piana irrigua, verde di coltivi, e l'impettare delle imponenti fiancate, ammantate di querceti e di abetaie e, sulle sommità rocciose, di bianco di nevi fin ancora a maggio, fa assumere a questa parte di vallata un aspetto alpino.

A sua volta dalle Pietre Grosse di Tussillo si spalanca il grandioso paesaggio dell'altra riva dell'Aterno, spaziante dalle vette del Gran Sasso, su fondo celeste, al bianco dei borghi "Picenze, Poggio Picenze, Barisciano, S.Demetrio, Ripa, Fagnano Alto, Vallecupa" punteggiati sulle dirimpettaie verdi propaggini. L'assetto insediativo consiste in due agglomerati "il capoluogo Villa S.Angelo e la frazione Tussillo" che con le recenti costruzioni civili tendono ad unirsi, ma i cui centri storici rimangono distinti. "La Villa" si stende in basso, sulla coda collinare appena rilevata dal filo della pianura a 575 metri s.l.m., spesso avvolta nelle nebbie mattutine, al mormorio del vicino fiume ed al lontano sferragliare dei treni. Tussillo s'aggrappa alle prime balze del monte di Sant Petr, avendo a destra il poggio su cui in antico sorgeva il castello di Barili e, a sinistra, il fossato, o sgrimone, canalone che incide il pendio della montagna

La struttura abitativa di Villa si sviluppa in una trama avvolgente che ha il suo perno nella piazza; ma la zona edificata effettivamente, fino agli ultimi anni venti del '900 si riduceva ad uno spicchio dell'ideale impianto radiale complessivo. Oggi l'edilizia che caratterizza il centro antico rimonta per lo più al Sei-Settecento salvo erratici antichi pezzi scultorei inglobati nelle murature includendo qualche esemplare tardo-cinquecentesco, e con completamenti ottocenteschi. Di simile struttura avvolgente si mostra la più o meno coeva trama abitativa di Tussillo, che però sale, adattandosi alle curve di livello ed anch'essa polarizzandosi alla chiesa ed alla piazza su in alto, bloccata sul lato orientale dall'anzidetto fossato. Quest'ultimo testimonia l'antico precipitare di un corso d'acqua, che dev'essersi estinto da epoche non troppo lontane se ancor oggi la strada che ne discende, fino a Villa S.Angelo, appellata popolarmente via fiume, e se i toponimi del bacino dov'esso scaricava risultano essere, da una parte, il Molito il corrispondente termine dialettale locale prende dal francese mouill e dall'altra, già in documenti del 1196, Pescasale.

Fino agli anni Sessanta del '900 l'economia del comune, per lo più a carattere chiuso, si basava sulla produzione di cereali, foraggi, vini, lino e canapa, ortaggi, zafferano. Nel frattempo lo storico mulino di Villa S.Angelo, che ancora nel '600 apparteneva al vicino monastero cistercense di S.Spirito d'Ocre ed era importante in quanto si trovava incuneato nel cuore dei possessi forconesi dei Colonna, sicchè il controllo ne diventava un crocevia di prestigio e di arricchimento per tutta la borghesia proprietaria della zona a causa della redditività assolutamente eccezionale rispetto ai molini di Collemaggio, di Bagno e ai due di Monticchio, dava gli ultimi segni di vita prima di cedere all'avvento dell'economia moderna. Dopo il salasso di popolazione provocato ben due volte in un secolo dall'emigrazione uno dopo la prima guerra mondiale, un altro dopo la seconda il comune si ridusse dai più che mille abitanti del 1930 agli attuali 500, perdendo dal 1965 in poi, in rapida successione, l'asilo parrocchiale con la sua comunità di Suore, la condotta medica, la scuola media, quella elementare, l'asilo comunale, diversi esercizi pubblici, laboratori artigianali e mestieri tradizionali. A compensare in parte tale recessione vennero, grazie al boom economico di quei primi anni Sessanta del '900, il vistoso miglioramento delle condizioni economiche della popolazione, una più degna sistemazione infrastrutturale ed urbanistica degli abitati e la trasformazione di questi ultimi da paesi prevalentemente agricoli a terziari, l'agricoltura riducendosi ad un'attività integrativa del tutto secondaria. Contestualmente si verificava uno sviluppo edilizio debordante dai vecchi centri, mentre, di recente, si stanno aprendo promettenti potenzialità di sviluppo grazie al flusso turistico creato dalle vicine Grotte di Stiffe. Potenzialità , queste, che assieme ad un programma di recupero e riqualificazione dei due centri storici e di valorizzazione del possibile nuovo sito archeologico che come si dice qui appresso Villa S.Angelo potrebbe costituire, rappresentano una stimolante sfida per le odierne amministrazioni. La Villa nella sua storia Come la generalità dei centri storici della vallata e della regione, l'attuale Villa S.Angelo detto S.Angelo di Bisegna nella nota bolla di Alessandro III del 1178, nelle rationes decimarum del 1312-28 e in altri documenti del XIV e XV secolo ebbe origine nell'XI-XII secolo come villa, appunto, ossia nucleo insediativo aperto, senza cinta muraria difensiva.

Tuttavia reperti scultorei a tipiche trecce longobardo-franche del IX-X secolo, inglobati nelle mura della ex-parrocchiale di San Michele e di alcune case del centro abitato, testimoniano l'esistenza della chiesa in parola già in quei secoli, prima della fondazione del paese, e perciò stesso parlano di una plurisecolare storia del luogo, evocando l'epoca quella post-romana dal VII al X secolo nel corso della quale, come considerato nel cenno introduttivo, gli insediamenti accentrati che si erano formati all'epoca romana precedente, decimati di abitanti a causa delle invasioni barbariche del V-VI secolo, erano ormai scomparsi, sostituendovisi un assetto insediativo sparso. In detta epoca edificandosi le chiese di cura d'anime, col nome di pievi o plebane (da plebs, popolo), non in base a comunità riunite in centri abitati, che non esistevano più, bensì ai gangli della rete di percorsi più idonei a riunire, per le celebrazioni, i fedeli disseminati in casali, si spiega l'ubicazione appartata del San Michele rispetto al paese e il fatto che la trama abitativa di quest'ultimo si noti avvolgersi su un perno la piazza con la torre sito agli antipodi di quello; il che non si sarebbe verificato se paese e chiesa parrocchiale fossero nati assieme. Se dunque nei secoli prima del Mille si impostò il San Michele quale pieve nel sito in cui è, ciò indica che il sito in parola ab immemorabili costituiva uno degli snodi del sistema viario di fondovalle, la località della futura Villa S.Angelo rivestendo, pertanto, una certa importanza territoriale. Oggi appunto si scopre che nei paraggi esistè un insediamento romano. Decenni fa furono ritrovate dietro l'edificio scolastico tre sepolture a sarcofago di età imperiale, con corredo di monete del IV secolo, nonchè, alla parte opposta del sovrastante colle villese verso Casentino, nel luogo detto Santo Tàtere, altro sarcofago in pietra. Inoltre frammenti fittili d'epoca almeno romana sono segnalati, sparsi su tutto detto colle, dal D'Antonio e dal Pasqua. Infine il Mommsen, nel secondo '800, riportava come n. 3463 una dimenticata iscrizione sepolcrale romana conservata presso la Villa Dragonetti di Paganica, che lo Iovenitti asserisce sconosciuta al citato Mommsen e secondo lui certamente proveniente dall'agro paganiense, mentre, annota lo studioso tedesco, essa proveniva da Villa S.Angelo: la Villa S.Angelo si precisa nel CIL quae est prope Stiffe. Si tratta, come anticipato, di una necropoli, mai fin'adesso individuata. Ora, una necropoli comporta necessariamente la prossimità di un
antico centro abitato, poi scomparso ma la cui esistenza era del resto tradita anche dai cippi di colonne romane, sia lisce che scanalate, che si vedono a supporto di croci votive a Villa e a Casentino. E trattandosi, come si nota, di necropoli considerevole, detto centro abitato scomparso dovrà aver vantato una consistenza demografica altrettanto considerevole. Ci si sarebbe insomma trovati di fronte ad una città o una cittadina, non un centro rurale. Ciò assodato, identità e sito preciso di detto importante centro urbano possono solo ipotizzarsi per indizi. A tale scopo non aiutano i toponimi attualmente attribuiti al luogo, trattandosi evidentemente di denominazioni successive: Cogli e Pescasale per l'area collinare vera e propria della necropoli, compresa tra Villa S.Angelo e Casentino; 'Mucito per la piana subito attigua, a nord. Aiuta, invece, un resto monumentale finora ignorato, esistente ai piedi di detta area collinare: il ponte Capone Capponi nelle mappe a due campate a pietrame di rifacimento cinquecentesco ma a piloni romani di grossi massi squadrati. L'opera infrastrutturale, così come ubicata, d'evidenza non si inquadra nell'assetto territoriale viario e urbanistico odierno, la sua consistenza architettonica parrebbe giustificarsi
se ad esempio esso fosse stato originariamente funzionale al solo accesso all'attigua antica ed ora abbandonata Fonte le Pagliara di Casentino del resto la strada che transitava sul ponte, anch'essa plausibilmente romana, mostra di puntare in altra direzione. Il ponte risulterebbe invece perfettamente funzionale ad un assetto territoriale anteriore che, diversamente da oggi, fosse strutturato non negli attuali dislocati piccoli borghi ma in un considerevole più antico abitato, poi distrutto, sito come detto o sul sovrastante colle di Pescasale oppure nella piana dirimpetto, tra il fiume e la ferrovia, nell'area compresa pressappoco tra il citato ponte Capone e lo scomparso ponte Santangelo più già verso est - in tal caso il colle di Pescasale anzidetto ne avrebbe costituito solo la necropoli. Quanto all'identità dell'antico insediamento, secondo i summenzionati Maurizio Pasqua e Maurizio D'Antonio il sito della romana Frustenias, invece che a S.Felice d'Ocre come ipotizzato dal Giovenazzi, oppure a Fontavignone come proposto dall'Orsatti, od anche a S.Eusanio come proposto dal Miller, potrebbe esser localizzato appunto qui, in tenimento villese. L'ipotesi merita ogni considerazione, tenuto conto che una città esistente su uno dei due siti indicati corrisponderebbe quasi esattamente alla Frustenias distante 2 miglia da Aveia e 18 da Alba Fucens riportata nel IV secolo d.C. sulla già ricordata Tabula Peutingeriana nel tratto Amiternum-Alba Fucens assieme soltanto a Pitinum, Prifernum e Aveia. Inoltre ben a proposito essa città , se ubicata nella piana, si ritroverebbe sul
tracciato di quella strada romana di fondovalle individuata dalla Migliario, proveniente da Aveia e costeggiante l'attuale ferrovia fino a Campana - in tal modo, si noti, si dovrà rivedere il tracciato dell'antica via Poplica-Campana così come ricostruito dallo Zenodocchio e dall'Orsatti, di cui si dirà nella scheda su Campana. Sarà però necessario, per convalidare queste ipotesi, avviare, su tali concrete basi, auspicabili sistematiche campagne di scavi. Tutto quanto precede il popolamento, ivi, in età romana e forse, prima ancora, italica, il fatto d'esser stata in seguito scelta a sito di pieve, e poi quella che, si noti, si potrebbe dire la reviviscenza di Frustenias in un capoluogo di baronia quale fu l'ora scomparso Barili, lì a quota appena più alta dell'antico insediamento conferma che la località villese nel primo millennio d.C. dovè rivestire l'importanza territoriale che si diceva. Poi nel sec. X, dopo il lungo periodo alto-medioevale, anche da noi col sopraggiungere in Italia delle scorrerie sia dei saraceni che degli ungheri il sistema politico e sociale del territorio, al pari di quello italiano, venne a mano a mano a sconvolgersi e l'assetto insediativo disperso a cambiare di nuovo. Per ragioni di difesa e di sicurezza si cominciarono ad innalzare torri e fondare castelli, e le popolazioni tornare a raccogliersi in centri abitati come era stato in epoca romana. E' il momento del ricordato incastellamento e della fondazione di Barili e ville viciniori, Tussillo, Fontavignone, Casentino, Villa S.Angelo. Per quest'ultima non è da escludere che il primissimo nucleo abitato, incentivo al successivo incastellamento, possa essere stato l'insediamento-pirata, nel X secolo, sul vicino dosso collinare detto tuttora colle Saraceno, di un gruppo di arabi transfughi, come quelli di Arischia, dalla battaglia del Garigliano nel 915, ed in seguito sloggiati dai Normanni.

Nel rinnovato assetto insediativo il sito di San Michele perse importanza in quanto il baricentro si spiazzava dalle zone piane, divenute insicure, ai centri fortificati d'altura come Barili. Questultimo non a caso diveniva per secoli sede di baronia con Villa S.Angelo, Tussillo, Casentino e Fontavignone che ne dipesero fino al 1254, od al massimo al 1294, dopo di che, e fino al 1529, furono parte integrante del territorio del Comitatus Aquilanus. La storia di Barili è ancora da ricostruire criticamente. A detta del Crispomonti esso risulterebbe abitato già nel 929, fondato da un Parile, di cui non si conosce il lignaggio. Dei signori successivi si ricordano un Taddeo per il 1015 del lignaggio dei famosi Gran Conti dei Marsi discendenti dai conti burgundi imparentati con Carlo Magno che sotto il dominio del conte dei Marsi Berardo Furculus, anch'egli ex natione francorum, comprò il castello, e per il 1107 un Gualtieri, capitano di Enrico V. All'avvento dei Normanni da noi, nel 1143, i signori di Barili, Ocre e Collimento opposero accanita quanto vana resistenza, sicché, espugnati i loro castelli e privati dei feudi, furono sostituiti dal conte Gentile Vetulo. Nel 1161-68 il Catalogus Baronum registra conte di Barili (e signore anche di Stiffe, Rocca Cedice, Scanzillo e metà della Torre, tassato per 9 militi e rispettivi inservienti) un Berardo, figlio di Odorisio conte di Collimento e pronipote del succitato Berardo Furculus. Il Berardo di Odorisio può esser considerato il capostipite della nobile famiglia Barile, in quanto da lui i signori di Barili si successero per eredità pare fino al 1275. Tra essi documentato nel 1170 è Tommaso, col quale nel 1180 pare sia nata la signoria o baronia vera e propria di Barili, comprendente in un primo tempo, oltre alle dette Ville di Tussillo, Fontavignone, Casentino e Villa S.Angelo, anche Terranera, terra che però nello stesso 1180 egli donava, assieme alla chiesa di S.Nicolò, ai Cavalieri Gerosolimitani, o di Malta. Nel 1185 il castello risulta feudo di un soldato a cavallo, ossia popolato da 24 famiglie. Nel 1196 lo stesso Tommaso dona, alla chiesa di S.Maria della Carità in Casanova, un terreno contiguo al borgo e, nel 1204, una vigna al colle. Barili non concorse nel 1254/1266 alla fondazione dell'Aquila, a causa dell'opposizione del feudatario del tempo, Taddeo. Distrutto parzialmente, pare, per ordine di Carlo I d'Angiò nel 1272 o 1275, e certamente devastato nel 1293 da Niccolò dell'Isola, del che dice Buccio di Ranallo, Barili compare nell'anno successivo 1294 nel noto diploma di re Carlo II, che elencava, a scopo fiscale, le Terre appartenenti in quel tempo al Comitatus Aquilanus. Parzialmente distrutto da Braccio da Montone nel 1424, di Barili si fa menzione ancora nel 1481, quando si ridusse all'obbedienza dell'Aquila non perché prima fosse autonomo, riteniamo, ma in quanto si era sottratto temporaneamente alla città in una delle periodiche ribellioni secessioniste dei castelli del Contado. Lo spopolamento forse già avviato, che portò poi all'abbandono stesso del borgo, dové precipitare con i danni del terremoto del 1461-62, nonché con la peste del 1478: già nella numerazione dei fuochi del 1508 è Tussillo ormai a comparire (‘Barili alias Lu Tisallo’, come si vedrà appresso), e nel 1513 il titolo e la proprietà stessa del Castello diruto furono spartiti tra la comunità di Tussillo e quella di Fontavignone. La diminuita importanza geografico-amministrativa del sito di Villa S.Angelo dall’XI secolo in poi, di cui sopra, si vede riflessa nella modesta qualità sia dell’habitat che della sua architettura sacra, se paragonata a quella di centri viciniori come Fossa, ad esempio: ovviamente, le risorse della baronia, invece che a chiese divenute secondarie e periferiche come San Michele dopo il Mille, venivano convogliate sullo scomparso capoluogo Barili e sulla sua altrettanto scomparsa parrocchiale. Essa era intitolata a s.Pietro, ed essendo probabilmente situata solitaria sul monte tuttora appellato Sant’ Petr’, in località le casette, dové anch’essa essere stata pieve prima di diventare parrocchiale, e le chiese, esistenti nelle frazioni, sue succursali.

Nel XII-XIII secolo – di questa fase storica per il nostro comune abbiamo solo testimonianze documentali: le dette donazioni di terreno a Pescasale, nel 1196 e 1204, da parte del Signore di Barili Tommaso, al monastero cistercense di Civitella Casanova – Villa S.Angelo, al pari di Barili e relative ‘ville’ sorelle, e come del resto altri ‘castelli’ forconesi quali Fossa e Ocre, non poté concorrere alla fondazione dell’Aquila a causa dell’opposizione del proprio barone, benché non si fosse mancato di assegnare loro, entro la cinta muraria della città , il terreno su cui costruire. Il summenzionato ruolo secondario di Villa S.Angelo, che persisteva tale nei successivi secoli XIV e XV – anche di questo periodo mancano testimonianze monumentali sia in San Michele che nel tessuto urbano del paese – cominciò ad andare in controtendenza ad inizio ‘500. Decadendo infatti Barili dal 1293 in poi, come si è visto, e nel 1508 già abbandonato, gli abitanti se ne scesero a popolare i centri sottostanti, i quali, specialmente quelli di pianura come il nostro, per l’avvento dei nuovi tempi, la stabilizzazione politica e strategica del territorio portata dalla dominazione spagnola e la riguadagnata autonomia amministrativa del Contado dall’Aquila, riacquistarono importanza, registrando una vistosa crescita demografica. Villa S.Angelo passava così dai 32 ‘fuochi’ o famiglie del 1532 (160 abitanti circa) a 45 nel 1545, ed a 50 nel 1561. Non a caso nel 1580-83 il centro territoriale riportato nella nota carta geografica dell’Abruzzo, disegnata da Antonio Danti nella Galleria delle Carte Geografiche in Vaticano, è ormai ‘S.Angelo’, non più Barili, né Tussillo. I ‘fuochi’ aumenteranno a 64 nel 1595, e ad 84 nel 1648, quindi circa 420 abitanti. Di qui il perché del procedersi anche per Tussillo e per Villa, come avveniva nei centri viciniori, alla ricostruzione ampliata, attorno al documentato 1559, delle rispettive chiese parrocchiali. Con la rivolta aquilana contro gli Spagnoli nel 1529, la conseguente punitiva dissoluzione del Comitatus Aquilanus – per il 1533 il Blasetti menziona una distruzione di Villa da parte del principe d’Orange, che però è ignorata da ogni altra fonte documentale – e il successivo rinfeudamento del territorio, mentre l’ormai diruto Barili, passato già in beneficio dei Gaglioffi dell’Aquila, nel 1599 passava ai Carli, Villa S.Angelo veniva assegnata al capitano spagnolo Martin Montañes, Tussillo dato a Rodrigo Peñalosa, Casentino pure al Montañes, e Fontavignone a Diego Pérez. Nel 1564 il feudo di Villa ricade alla regia corte per rinuncia del Montañes, nel 1565 viene acquistato dagli Antonelli dell’Aquila e poi passato ai Leognani, per essere ceduto, tra 1585 e 1599, ai Palmario, e da questi, nel 1629, ai Colonna duchi di Zagarolo. Del ‘benigno’ dominio del primo di costoro, Pierfrancesco Colonna, su ‘l’huomini della Villa S.Angelo’, è testimone l’epigrafe del 1629 ancor esistente nel cortile di palazzo ex-Jacobucci. Infine Villa nel 1663 viene venduta ai principi Barberini del ramo di Sciarra-Colonna, che la tennero fino all’invasione napoleonica ed all’abolizione, nel 1806, della feudalità . In questo periodo la notorietà del paese continuò a basarsi anzitutto sulla citata redditività del suo mulino e sulla sua produzione agricola, con un Sante Tomei sul posto quale uno dei più autorevoli enfiteuti del contado per i possedimenti terrieri dei Caprini dell’Aquila. In campo sociale, intanto, si rendeva benemerita la locale confraternita del Monte dei Morti, estinta a fine anni Cinquanta del ‘900, che nell’archivio Zugaro De Matteis risulta esistere già nel ‘600 e che grazie ad un patrimonio poi incamerato dallo stato assisteva le famiglie povere offrendo loro anche impegni remunerativi in ambito parrocchiale. Sul piano culturale Villa S.Angelo esprimeva un don Nicola Tomei – parroco di Assergi dal 1742 e di Camarda dal 1766, per infine divenire prevosto in S.Maria di Cascina all’Aquila – grande latinista e autore di carmi pubblicati a Napoli, che costituì uno dei più noti esponenti della cultura aquilana del ‘700. Si rendeva noto anche sul piano politico per la figura patriota di Colombo Andreassi (1770-1799), che morì per la causa della Repubblica partenopea. Nel 1806, abolita la feudalità sotto il regno di Giuseppe Bonaparte ed istituiti intendenze e circondari, Villa S.Angelo venne aggregata al circondario di S.Demetrio assieme a Tussillo, Fontavignone, Casentino, Stiffe, S.Eusanio ed altri, e nel 1814 al comune di S.Demetrio assieme a Tussillo, S.Eusanio, Casentino e Stiffe – Fontavignone veniva accorpata con Roccadimezzo. Dall’avvento 1860 dell’unità d’Italia fino ad oggi Villa S.Angelo/Tussillo, come pure S.Eusanio/Casentino, formano comune autonomo, salvo la parentesi di riaggregazione a S.Demetrio tra 1927 e 1954. Qui di seguito i Sindaci, che da quest’epoca si son susseguiti fino ad oggi a capo della riguadagnata amministrazione autonoma: Nunzio Iovinelli (1954-1959), Romolo Pezzuti (1959-1963), Antonio Andreassi (1963-1967), Oscar De Matteis (1967-1973), Vittorio Liberatore (1973-1974), Antonio Marino Priore (1974-1975), Antonio Tomei (1975-1980), Enrico Melonio (1980-1985), Antonio Nardis (1985- 1990), Lorenzo Coletti (1990-1999), Gaspare Tomei (1999-2004), Pierluigi Biondi (2004). In quest’ultimo lasso storico si distinse in paese l’ing. Domenico De Matteis, morto ultranovantenne nel 1956, molto benemerito e noto, tra l’altro, per aver progettato, nel 1899, la nuova facciata della chiesa di Camarda, nonché completato, nel 1928, quella della cattedrale di San Massimo all’Aquila. Inoltre, nell’ultimo secolo, Villa S.Angelo ha dato i natali a medici e notai, ingegneri ed architetti, insegnanti e professori universitari, nonché al musicista Tiero Pezzuti da poco scomparso, compositore e professore per molti anni al conservatorio di Caracas. Atteso peraltro l’oggetto specifico della presente pubblicazione – l’architettura sacra – è doveroso sottolineare il ruolo capitale che la componente religiosa e la Chiesa hanno rivestito nella lunga vicenda storica di Villa S.Angelo sopra delineata. Anche qui infatti, come nel resto d’Italia, pressoché l’unica espressione della società civile e la sola istituzione culturale e sociale di animazione della comunità è stata per secoli la parrocchia, all’ombra della quale si è svolto l’intero arco della vicenda umana degli abitanti. Solo per limitarci all’ultimo periodo, il novecentesco, ed in specie quando il comune dal 1927 al 1954 era aggregato a S. Demetrio, più che mai furono la parrocchia ed alcuni suoi attivi parroci a costituire per ben un cinquantennio il fermento e l’anima non solo della formazione spirituale dei fedeli, ma della vita associata stessa del paese. Negli anni Trenta-Quaranta don Peppe Andreassi era tra i primi a creare un circolo cattolico ed un’associazione delle figlie di Maria, che mobilitarono in loco uomini, giovani e donne, fondava un coro folkloristico che ebbe l’onore di esibirsi anche a Roma, provvedeva all’apertura dell’asilo infantile chiamando in paese nel 1945 le suore Figlie della Divina Provvidenza – all’uopo l’ing. De Matteis surricordato mise a disposizione parte del proprio palazzo – e dava impulso a manifestazioni teatrali ed accademie musicali d’eccellente livello. In successione don Mario Ciocca raccoglieva tale già vivace eredità , sviluppandola ulteriormente con l’organizzare gran parte della popolazione nei quattro rami dell’Azione Cattolica (uomini, donne, gioventù maschile e gioventù femminile) ed in quello dei ragazzi e ragazze ‘aspiranti’, col coinvolgere i laici in responsabilità parrocchiali, col promuovere regolari adunanze formative, con l’istitutire assieme ad altri confratelli aquilani le prime colonie marine del dopo- guerra, con l’aprire un cinema parrocchiale e organizzare recite, gite collettive di turismo religioso ed altre iniziative ecclesiali e sociali del genere. Ecco di seguito i nominativi dei parroci che si son susseguiti nello scorcio di tempo appena delineato ed in diversa misura han contribuito all’esercizio di tale trainante ruolo religioso, culturale e sociale del paese da parte della Chiesa: don Francesco Nardis (1893-1932), don ‘Peppe’ Andreassi (1932-1951), don Mario Ciocca (1951-1962), don Serafino Del Giudice (1962-1985), l’interino don Carlo Serri (1985-1987), don Luigi Marcocci (1987). Accompagnò opportunamente tale fermento formativo la detta e abnegata comunità di religiose, con una serie di Superiore che son rimaste nella memoria collettiva e nel cuore dei villesi: madre Enrica Crea, madre Adelaide De Angelis, madre Rosaria Bonifazi, madre Adelfa Carnicelli. Esse e le consorelle (madre Emanuela, madre Clara, madre Loreta, madre Wilma, madre Benedetta, madre Concetta, suor Elisa, suor Giuliana, suor Cecilia), coinvolte nella realtà villese, oltre al giardino d’infanzia s’incaricavano della formazione della gioventù femminile, segnatamente con l’apertura di una scuola di cucito e di ricamo. Fu del resto anche grazie a tale fucina formativa ecclesiale, di cui si visse di rendita per molti anni, che nel 1965 si costituiva in paese, dietro impulso dell’attivo assistente diocesano giovani di quel tempo, il compianto don Alfredo Orpelli, quello che oggi si può dire rappresenti, assieme ad un’associazione Pro Loco che però nasce e rinasce a periodi, l’unica iniziativa di rilievo per l’animazione e la formazione della gioventù: il CSI-Centro Sportivo Italiano, riconosciuto dalla Conferenza Episcopale quale associazione cattolica. La branca locale ‘San Michael’ ha il vanto d’esser stata una delle prime a nascere in Abruzzo e all’Aquila, ed anzi ad aver fornito fino ad oggi, in Giorgio Sperandio ed Enrico Melonio in successione, la stessa presidenza provinciale e regionale del Centro Sportivo medesimo, al contempo ed alternativamente fungendo anche, i nominati, da consiglieri nazionali. Ultimamente risorgeva altresì, grazie alla disponibile competenza di Rosella Pezzuti, la corale parrocchiale, che s’avvia ad esser apprezzata anche fuori territorio, non esclusa la stessa basilica vaticana. In tale contesto non meraviglia che il paese, nel solo ‘900, abbia dato alla Chiesa ben cinque religiose (suor Elisa De Michele, suor Guida Rubeis, suor Emanuela Nardis, suor M.Claudia Nardis, suor Alfredina Iberis) e sei sacerdoti: don Carmine Nardis, parroco di S.Maria di Paganica all’Aquila, don Francesco Nardis e don Giuseppe Andreassi citati, don Colombo Andreassi, parroco di S.Margherita all’Aquila, don Luigi Tomassi, parroco prima a Paganica e poi a Roccadimezzo, ed infine l’autore stesso di questa pubblicazione, autore il quale, dopo esser stato, dal 1968, prima vicerettore al Seminario Aquilano e poi parroco a Picenze, nel 1980 fu inviato a prestare servizio in varie Rappresentanze Pontificie e presso la Segreteria di Stato, per essere infine, nel 1999, nominato arcivescovo e nunzio apostolico.